venerdì 19 aprile 2013

"Franco Tiratore" batte Franco Marini e affonda Bersani


di M.Z.

L’elezione del Presidente della Repubblica – da sempre simbolo di unità nazionale – si sta rivelando un processo catabolico per il Partito Democratico.  Il PD ha toccato il suo apice nel 2011 ovvero durante la crisi politica dell’ultimo governo Berlusconi, quando aveva la possibilità di andare facilmente al timone del Paese ma, sotto la “spinta” del volere superiore europeo (BCE in primis), ha lasciato il testimone al governo tecnico. Infatti, nonostante il partito volava nei sondaggi, mancava una leadership forte che potesse tenere in piedi un governo di centrosinistra (dopo i vari fallimenti dei precedenti) e governare un periodo di forte crisi economica e sociale.
Il problema della leadership è rimasto solo momentaneamente nello “scantinato” del PD perché appena Berlusconi ha staccato la spina al governo Monti ha anche riaperto il problema della leadership nel Partito. Così il PD ha organizzato le primarie che sono state “vinte” da Bersani e “perse” da Renzi. Dopo le primarie Bersani si considerava già seduto a Palazzo Chigi (frase celebre “governeremo come se avessimo il 49%”), ma in due mesi è riuscito a smantellare il 12% di vantaggio che i sondaggi davano alla coalizione di centrosinistra.
Così, dopo la vittoria non vittoria, lo squadrone di Bersani diventa uno spogliatoio diviso: c’è chi tende la mano al M5S e chi vorrebbe tornare allo schema tecnico col PDL. Bersani prova la strategia salvataggio degli 8 punti per attrarre la compagine grillina, ma in cambio riceve una diretta streaming in cui invece che un premier con mandato esplorativo sembra come quei latticini sullo scaffale vicini alla scadenza: tutti li guardano ma nessuno li prende!
Son passati ormai due mesi dalle elezioni e, senza un Governo, siamo arrivati all’elezione del prossimo Capo dello Stato. Il M5S, come da protocollo, ha fatto le quirinarie e in men che non si dica estrae dal cilindro tre nomi (Milena Gabanelli, Gino Strada, Stefano Rodotà) che rappresentano appieno la base votante del centrosinistra.
Al contrario il PD, o meglio l’apparato dirigente del PD, pensa a risolvere velocemente la questione privilegiando l’intesa col centrodestra designando tre nomi che danno garanzie anche al PDL: Franco Marini, Giuliano Amato e Massimo D’Alema.
Il duo Bersani-Alfano converge su Marini, ottantenne ex presidente del Senato ex sindacalista ex leader del partito popolare… il gioco sembra fatto un po’ come se la storia fosse sempre la stessa (B. Croce nel gennaio 1912 diceva: “l’esperienza mostra che il partito che governa o sgoverna è sempre uno solo, e ha il consenso  di tutti gli altri che fanno le finte di opporsi”) ma stavolta se il vertice del PD non è andato in direzione della base è la base che è andata cercare il vertice!
È geometrico: senza la base non c’è vertice che tenga e così buona parte dei grandi elettori del PD ha preferito “Franco Tiratore” a Franco Marini, sconfessando definitivamente la leadership di Bersani (basti pensare che la sua portavoce Moretti ha votato scheda bianca).
Il puzzle del PD è già in vendita, ma ricomporne i pezzi sarà un’ardua impresa!

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